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  LA TEORIA L'EMICRANIA   L'ACCIDIA    

Eironeia all'Epoca dell'Accidia

Il Demone del Meriggio impedisce al monaco-Pinocchio di concentrarsi su(l) Sé L'accidia di Pinocchio... al telecomando

Pinocchio perde i suoi piedi appesantiti dall'Accidia L'immagine più comune dell'accidia come pigrizia: vegetare allo zapping

L'Accidia: oggetto impensato/impensabile della (Tecno-)scienza della nostra Era.

D’ordinario, udiamo “accidia” e intendiamo "pigrizia" o "inerzia"... donde l'immagine qui sopra - a sinistra il nostro Pinocchio, a destra quella utilizzata da un sito cattolico, per trattare l’Accidia in tutto il suo immenso peso di Peccato Capitale (il più importante): l'immagine di un adolescente-Oblomov che si annienta nel farniente tamasico dello zapping.

Un'immagine del genere certamente non è falsa, ma deve approfondirsi, arricchendosi del suo opposto - l’iperattività - a sua volta articolato internamente nei due poli del divertimento e dell’indaffaramento

È in effetti proprio su questo che tutti sono sempre stati concordi nel caratterizzare l’Accidia nella sua irriducibilità alla pigrizia e alla noia: il monaco/Pinocchio - di cui Evagro Pontico ci ha parlato per primo - solo nella sua cella resiste violentemente al libro da studiare/meditare. Si annoia... è pigro, certamente (dunque immobile, "akineton") ma per lo stesso motivo frigge di un’agitazione ("dys-kineton") che lo spinge a lasciare la sua cella e ad affaccendarsi (iper-kineton!) in un insieme di attività che in realtà non fanno che distoglierlo (di-vertere) dall'unica cosa che dovrebbe fare: sistemarsi, calmarsi, focalizzare la propria attenzione su ciò che conta veramente: lo spazio interiore della propria anima, da cui soltanto può nascere una reale attenzione (= cura = "kedos", quindi "a-kedia") e dunque una vera intelligenza.

Ebbene, la nostra epoca è l'Età dell'Accidia e della Tecno-scienza la sua sacerdotessa, perché è attraverso questo Peccato Capitale, assassino del Dio che dovrebbe punirlo, che il Nulla s’accomoda Sovrano nelle nostre vite ... in tal modo spogliate di ogni Essere e Anima (donde segue che l'opera intera del pensatore eminente della morte di Dio può essere percorsa come un’ ininterrotta meditazione dell’ Accidia [1]).

Possiamo osservare tutto questo nel dettaglio, raccontando come Pinocchio si lasci ora accalappiare dalle marionette sue compagne al teatro di Mangiafuoco-Tecno-Scienza, piuttosto che fare il suo dovere come allievo attento e studioso.

La Tecno-Scienza (Voce del Nulla) ha infatti saputo forgiare il suo proprio teatro delle marionette, per condensarvi tutte le dimensioni dell’Accidia che abbiamo appena visto, tra loro apparentemente così distanti. Questo Teatro di Mangiafuoco non è altro che lo smartphone , che è quindi, senza dubbio, l' Oggetto Accidioso per Eccellenza.

È infatti contro il muro dello smartphone che ormai s’infrange il desiderio dell'insegnante/educatore che Pinocchio (da Michel Serres ribattezzato "Pollicino" - le sue capacità motorie essenziali concentrandosi – la testa/smartphone sotto il braccio come il vescovo Saint Dionigi Decollato - nei suoi due pollici inebbriati dal touch screen e dalle sue emanazioni dopa-serotoniniche) ... che Pinocchio, dico, gli dia almeno un po’ della sua graziosa attenzione.

Qui sotto, una serie di foto di allievi (scorrere il mouse sull’immagine) che ho scattato in un liceo francese dove lavoravo, e di studenti che, nella stessa città, vivevano la loro giornata in biblioteca:

Smartphone, l'objet acédieux par eccellence
Allievi di liceo allo smartphone a sinistra di una porta ...altri allievi nello stesso momento allo smartphone, a destra della stessa porta ...e altri allievi ancora, nello stesso momento, allo smartphone lungo tutto il corridoio Studenti della stessa città in smartphone-attesa di entrare in biblioteca ... questi stessi studenti allo smartphone una volta entrati in biblioteca

Queste immagini molto eloquenti mostrano come lo smartphone sia l'Oggetto Accidioso per Eccellenza. Pinocchio (l'allievo/studente di qualsiasi età) non parla nemmeno più con Lucignolo. In silenzio, chiuso in se stesso, mostra un'espressione allo stesso tempo: di Indaffaramento/Divertimento, tutto assorto come si trova ad essere e insieme dis-tratto, nella sua bolla, da qualsiasi stimolo ambientale; Noia (l'espressione del suo viso), Inerzia (la postura del suo corpo stravaccato/appoggiato), Iperattività (i suoi pollici / occhi). La Scuola – voce della Fata dai Capelli Turchini – è impotente a fermare un tale tsunami. Testa-di-San-Dionigi-Smartphone sotto il braccio, google/wiki/facebook/etc. è l'ovvia legittimazione del barare, del lavoro svolto da tutti e da nessuno, degli appunti presi in foto ecc.

Pinocchio googlizzato non concepisce nemmeno che possa esistere una "ricerca" vera e propria, così come a 18 anni, quando guiderà la sua google-map-mobile, non concepirà nemmeno alla lontana cosa significhi (e quanto conti) sapersi “orientare” o saper consultare una carta stradale. Tutto questo è noto.

Pinocchio è dunque il vero Monaco Accidioso della nostra epoca.

Ciò che ci interessa qui è il rapporto tra la voce della tecno-scienza che produce smartphone capaci di catturare totalmente il "cervello" di Pinocchio, e l’Accidia come oggetto logico, metafisico, scientifico.

Questo rapporto è quello dell'impensabilità .

L'obiettivo della mia ricerca è allora proprio quello di rendere l’Accidia (e con essa Pinocchio stesso, in tutte le sue fobie) un oggetto scientificamente pensabile e quindi curabile.

L’Accidia come assenza mentale

Il tratto comune di tutte le caratteristiche dell'Accidia di pinocchio-allo-smartphone salta violentemente agli occhi e colpisce con tutta la forza qualsiasi insegnante che purtroppo deve affrontarlo: divertito/imdaffarato, inerte/iperattivo, annoiato/concentrato allo stesso tempo... Pinocchio è, trasversalmente a tutte queste posture psicofisiche che gli sono proprie, mentalmente assente.

La sua "attenzione" è tale solo nel senso in cui un paziente ipnotizzato dal movimento ipnotico del pendolo è estremamente attento alle sue oscillazioni. L'"attenzione" catturata dagli oggetti che, tetanizzando i suoi pollici frenetici, si susseguono frammentati sulla superficie colorata del touch screen è il rigoroso opposto di "smriti/sati": l'attenzione - in senso indù/buddista - del soggetto meditativo, ben fissa , nella continuità di un flusso mentale ininterrotto - in "dharana/dhyana" - sulla propria presenza-a-sé.

All’opposto, lo stato accidioso di Pinocchio-allo-smartphone è proprio quello "stato ipnoide" che nell'epoca gloriosa degli inizi della psicoanalisi, Breuer (Studi sull’isteria) suppose essere la vera origine - il terreno - del trauma generatore di nevrosi. Uno stato di quasi-sogno in cui la mente aderisce per mimesi/osmosi alla frammentazione assoluta degli oggetti che si succedono di fronte ad essa: ciò che Patanjali chiama "viksepa", dispersione centrifuga del nostro spitiro. I pollici catturati dallo schermo del suo Testa-di-San-Dionigi fanno saltare i suoi occhi interiori da un fiore all'altro di questo prato infinito, infinitamente vario, infinitamente sterile, impoverente, vampirizzante. Frammenti di frasi senza ortografia scritte a "gruppi" infinitamente cangianti destrutturano qualsiasi forza di sintesi mentale e qualsiasi profondità di comprensione. Il linguaggio si installa sulla superficie impenetrabile del Geheim – il bla bla bla comune/volgare senza testa, coda o corpo.

Ora questa condizione ipnoide di assenza mentale nella sua struttura centrifuga (viksepa) e non centripeta (la "mens in se conversa" di Cartesio) è ovviamente quella di una permanente fuga da se stesso. Pinocchio-accidioso evita se stesso fuggendo da ogni contatto reale e posato con la propria interiorità, di cui si vergogna e ha paura, e che non osa nemmeno nominare come tale, temendo il ridicolo, o addirittura il ricorso allo strizzacervelli, nel senso di qualcuno che dovrebbe curarlo per una tale patologia.

Questo aspetto trasversale di fuga da sé proprio dell’Accidia ci porta al modo in cui San Tommaso (Summa, Secunda secundae, Domanda 35) decide di definirlo. Egli si dirige infatti non verso le caratteristiche salienti ma superficiali della sua fenomenologia immediata (indaffaralmento/divertimento/noia/inerzia/iperattività ecc.) ... ma piuttosto alla sua causa ultima e profonda: una postura attiva dell'anima, da essa positivamente coltivata (e quindi un peccato, non una semplice "passione" che il soggetto sperimenta/subisce suo malgrado) di noia e "tristezza nascente da un bene spirituale" (Art.1, Risposta). L'anima dell'accidioso è disgustata e respinta dalla natura spirituale del "bene" che gli viene proposto. Ma attenzione: Tommaso osserva (Art.2) che ogni vizio, in quanto tale – poiché persegue l'opposto della virtù a cui si oppone – fugge dall'elemento spirituale che di ogni virtù, in generale, è l'essenza. È quindi necessario cogliere ciò che c’è di specifico nell'Accidia per farne il Disgusto Spirituale per Antonomasia

In risposta, Tommaso osserva che ogni azione umana – virtuosa o viziosa che sia – ha un “bene” come scopo, e questo nel senso banale che ogni soggetto cerca il suo proprio bene, qualunque cosa faccia. Ma Tommaso aggiunge (seguendo in questo Aristotele) che tutte le linee di forza tracciate dalle nostre azioni particolari aventi di mira ciascuna questo o quel bene con la minuscola, convergono all’ infinito verso il Bene con la maiuscola : soggettivamente, la nostra Felicità, oggettivamente Dio, il Bene in sé. Dio è dunque al centro di tutte le nostre azioni, ne è il fine ultimo e la vita pulsante. Ma ecco "Dio, nessuno lo ha mai visto" (Giovanni 1:18)... Quale sarebbe mai, in effetti, il volto di Dio? Evidentemente, essendo Egli l’elemento comune, unico sul fondo di ogni azione particolare, questa sua unicità di fondo non potrà presentarsi come questa o quella figura specifica e determinata. Come si fa allora a compiere un’azione determinata, il cui oggetto sia, per converso, una realtà che non tollera alcuna particolarizzazione? C'è, insomma, un'azione particolare e determinata specificamente rivolta a Dio lui stesso, o allo "Spirituale" in senso proprio, nella sua purezza originaria? La PRIMA risposta (che non è per ciò stesso l’ultima, ma per la quale si deve necessariamente passare) è SÌ, certo. Questa risposta tutti la conoscono, e tutte le tradizioni la pongono come il cuore pulsante di ogni vera felicità: trattasi della "non-azione" propria del riposo contemplativo, di quella pace dell'anima, che decide infine di "rientrare in sé" e darsi il tempo di riprendere fiato (Seneca, De Vita Beata: "Il bene dell'anima spetta all'anima trovarlo, se mai avrà il tempo di respirare e tornare a se stessa"). San Tommaso conclude dunque:

1. L’Accidia è contraria al precetto di santificazione del sabato che prescrive il riposo dello spirito in Dio. A ciò si oppone lo spirituale contristarsi del bene divino.
2. L’Accidia non è uno star lontana della mente da un qualunque bene spirituale determinato, ma dal bene divino, al quale lo spirito è tuttavia tenuto a unirsi con ogni necessità. Se qualcuno è contristato perché costretto a compiere opere di virtù alle quali non è tenuto, non commette il peccato di Accidia. Lo commette invece quando è contristato da ciò che deve compiere per Dio.

Diremo allora, grazie a questa definizione, che fuggendo "se stesso" - e cioè evitando con ogni mezzo di consentire alla sua anima un momento di riposo, silenzio, non-azione…- l'accidioso ha in orrore il Cuore al cuore del quo stesso essere: il suo Sé con la maiuscola (possiamo chiamarlo in mille modi, secondo mille tradizioni...), e che strutturalmente rimane "invisibile" perché irriducibile a qualsiasi determinazione esterna, a qualsiasi azione particolare. Ciò che la "mente assente" dell’accidioso evita come il peggiore dei mali è questa contemplazione che sola, al centro di ogni azione, la rende una "azione" in senso veramente umano, compiuta in piena presenza di spirito.

NESSUN BISOGNO, evidentemente, di aderire a questa o quella confessione religiosa per comprendere e aderire a quanto ho appena detto: la perdita della Contemplazione, della fissazione della propria mente in una postura di riposo e di presenza che superi ogni limitazione "umana, troppo umana" dell' homo faber/oeconomicus , essendo IN SÉ (e non solo per i credenti praticanti, che, peraltro, oggi, sono mediamente molto lontani dal preoccuparsene) il peggiore dei flagelli dell'Età del Nulla:

LAMENTO - Sono forse i vantaggi dei nostri tempi a portar con sé una diminuzione, e talora una sottovalutazione, della vita contemplativa. Ma bisogna pur ammettere che la nostra epoca è povera di grandi moralisti, che Pascal, Epitteto, Seneca, Plutarco oggi son poco letti, e che lavoro e solerzia - normalmente al seguito della grande dea salute - sembrano talora imperversare corne una malattia. Poiché manca il tempo per pensare e la calma nel pensare, non si prendono più in considerazione quelle idee che esulano dalla norma: ci si limita a odiarle. Nell'enorme accelerazione della vita, occhio e spirito si abituano a vedere e a giudicare a metà o in modo errato, e ognuno assomiglia a quei viaggiatori che fanno conoscenza di un paese o di un popolo, dal treno. Un atteggiamento autonomo e cauto nella conoscenza è disprezzato quasi come una sorta di follia; lo spirito libero è screditato, soprattutto dai dotti, che nella loro arte di considerare le cose sentono mancare la propria precisione e diligenza da formiche e lo relegherebbero volentieri in un singolo cantuccio della scienza; mentre quello ha il compito, ben più alto e diverso, di comandare da una posizione isolata su tutto l'esercito degli uomini di scienza e di dottrina e di indicare loro le vie e le mete dalla cultura. - Un lamento come questo che abbiamo appena intonato, avrà probabilmente il suo tempo e un giorno ammutolirà da solo, per un patente ritorno del genio della meditazione. (Nietzsche, Umano troppo umano, § 282)

Su questa base, noi affermiamo che l’"assenza mentale" di Pinocchio-allo-smartphone è l'essenza stessa della sua Accidia: peccato capitale di fuga da sé come fuga dal Sé, con la maiuscola: quel nucleo di sé da cui soltanto può nascere un'azione veramente umana perché presente a se stessa e quindi effettivamente appropriabile dal soggetto che la compie.

Sostituire il PRIMATE posseduto da un'assemblea di demoni...

Ora, non c'è nulla che la Tecno-scienza – produttrice dello smartphone e della sua capacità di catturare il "cervello" di Pinocchio – proibisca con più veemenza che pensare la nozione di assenza mentale come fuga-da-sé.

Non possiamo infatti non riconoscere che il ciclo di neurotrasmissione cervello-smartphone-pollici che costituisce l'identità motoria di Pinocchio/Pollicino/Testa-di-San-Dionigi è straordinariamente attivo e operativo proprio nel momento in cui il soggetto è massimamente assente da se stesso, dal Sé... bref da quella condizione stato di Massima Presenza a Sé che chiamiamo Contemplazione ... all’occorrenza di Dio, se si sceglie di chiamare con questo nome quell'elemento interiore al soggetto pensante che si attiva proprio nel momento in cui tutto il resto si calma per godere del Riposo del Sabato: neutralizzazione e annientamento di ogni Accidia.

La tecno-scienza, dico, proibisce di pensare questo stato mentale di riposo e di Pensiero-di-Sé. Perché? Forse, direte voi, perché una mente umana che ospita in sé una parte divina (quindi non umana, per definizione!) non è un oggetto ammissibile per una scienza che vuole essere, come tale "naturale", in quanto "scienza" ?

Ebbene... NO! Avete completamente torto !

Ascoltiamo infatti come i corifei della neuro-cognizione simbolico/matematica descrivono il nostro Pinocchio e il suo cervello quando viene catturato nella lettura dei segni che si susseguono sullo schermo:

Alla scuola elementare, i nostri bambini imparano la matematica moderna con un cervello originariamente destinato alla sopravvivenza nella savana africana. Quando il nostro cervello si trova ad affrontare un compito per il quale la biologia lo ha mal preparato, come moltiplicare mentalmente due cifre, recluta una vasta rete di aree cerebrali le cui funzioni inizialmente non hanno nulla in comune con la matematica, ma che, collettivamente, raggiungono l'obiettivo ”. [Stanislas Dehaene La bosse des maths, p.10. Mia trad.]

L’ENIGMA DEL PRIMATE CHE SA LEGGERE - La nostra capacità di imparare a leggere pone un curioso enigma, che io chiamo il paradosso della lettura. […] Condividiamo le emozioni di Nabokov e la teoria di Einstein con un cervello da primate progettato per sopravvivere in una savana africana [Dehaene Les neurones de la lecturep.24. Mia trad.]

Quando le neuroscienze rappresentate da Stanislas Dehaene guardano il nostro Pinocchio catturato dai simboli che sta leggendo e inseguendo sul suo schermo, non vede un BAMBINO TUTTO INTERO(tutto il suo corpo + tutta la sua anima) concentrato nella lettura, ma una SCIMMIA che legge solo con "IL SUO CERVELLO" "destinato" (da CHI???) alla savana.

Ma non è tutto.

Perché quando gli viene chiesto cosa fa esattamente il "cervello" della nostra scimmia seduta nel corridoio di una scuola di Secondo Grado - perduti i sentieri della savana - quando percepisce e capisce le parole che appaiono sul suo touch-screen, Dehaene ci dice con sicurezza che per rispondere tratterà il problema "da un punto di vista risolutamente meccanicistico" [Ibid. 28].

Ascoltiamo allora questa risposta “meccanicistica”

UN'ASSEMBLEA DI DEMONI - Diversi modelli di accesso al lessico mentale riescono oggi a riprodurre le prestazioni della lettura umana, in condizioni prossime ai vincoli imposti dal nostro sistema nervoso. Quasi tutte si basano, direttamente o indirettamente, sulle idee fondatrici di Oliver Selfridge che, per rendere conto delle operazioni attuate nel riconoscimento delle lettere, aveva proposto già nel 1959 la metafora di un'assemblea di demoni o "PANDEMONIUM”. Dobbiamo immaginare un immenso emiciclo - questo è il lessico mentale - dove si raccolgono decine di migliaia di demoni in competizione. Ogni demone è il rappresentante di una parola. Ha intenzione di farlo conoscere gridando vigorosamente quando pensa che la sua parola debba essere difesa. Quando una parola appare sulla retina, tutti i demoni la esaminano contemporaneamente. Poi si fanno avanti se sentono che la loro parola ha buone possibilità di essere quella giusta. Così, quando compare la parola "CARAMEL", il demone che rappresenta questa parola inizia a urlare. Tuttavia, anche il suo vicino, che pensava di vedere "CARMEL", si agita e urla. CARAMEL o CARMEL? Dopo una breve competizione, il difensore di "CARMEL" deve inchinarsi : è chiaro che il suo avversario trova nello stimolo "CARAMEL" più argomenti a suo favore. La parola viene finalmente riconosciuta e la sua identità può essere trasmessa dal demone vittorioso al resto del cervello. [Dehaene 2007: 73-74.]

Bref, la nostra tecno-scienza "risolutamente meccanicistica" non si fa alcun problema d’appartenenza di genere: ecco la mente di questo adolescente umano perso nella lettura, diventare improvvisamente a) il suo cervello amputato del suo corpo, b) il cervello di una scimmia, c) un'assemblea di demoni urlatori.

La nostra proposta – che si dica che lo stato mentale di questo PRIMATE POSSEDUTO è quello di un’ACCIDIOSA FUGA-DA-DIO – non può quindi scandalizzare una tale postura metafisico/epistemologica, seppur (e quanto!) "meccanicistica"... Cosa c'è di più comprensibile, d’altra parte, della storia di una legione di diavoli urlatori che abitano la materia grigia di un gorilla che sospira nella savana, e che fugge di fronte alla possibilità di un incontro ravvicinato con il Creatore, verosimilmente accompagnato dalle sue armate celesti?

No: lo scienziato "meccanicista" (che, bisogna ammetterlo, non smette di parlare del DIAVOLO! Cf.QUI e QUI) non è affatto inibito da spiritisti, esorcisti, né dai monaci e i santi di una teologia andata. Non è AFFATTO per questo motivo che la nostra tecno-scienza proibisce di pensare l'assenza mentale come fuga del soggetto il più lontano possibile dal riposo della contemplazione.

La ragione di questo divieto è molto più strutturale, profonda e subdola.

Qual è dunque? Perché la tecno-scienza rende impensibile la Contemplazione del Sé, e dunque l'Accidia, che altro non è che il suo negativo concettualmente rigoroso?

Risposta: perché la Contemplazione durante il Riposo del Sabato non è un' “operazione” . O comunque non è un'operazione come "moltiplicare mentalmente due cifre", secondo l'esempio scelto dal tecno-scienziato appena citato


Mi spiego

... con un UOMO che contempla Dio-in-Sé

La tecno-scienza insegna a Pinocchio che durante l'ora di matematica la sua mente "opera" (= FA delle cose). E questo, cominciando con l’insegnare alla sua mente=cervello le "4 operazioni". 1) l’ addizione, grazie a "manipolazioni" di accumulo di 2 o più oggetti: cubi, mattoni...; 2) la sottrazione, attraverso altre manipolazioni su questi stessi accumuli di oggetti ( evidentemente, almeno 2!) ; 3) la moltiplicazione, che non è altro che un accumulo-di-accumuli (solo, più veloce); 4) la divisione, che equivale ad annullare, per de-cumulo, il già fatto... evidentemente su almeno 2 oggetti (o un intero oggetto (una pizza) da tagliare =sottrarre=de-cumulare). E dunque voilà: 1, 2, 3, 4... e questo è quanto!

Ma... che ne è dell'elevamento alla potenza?.

Ebbene - dice il tecno-insegnante di Pinocchio - l'elevamento alla potenza non è nemmeno un'operazione (ce ne sono solo 4!). Non si tratta, in effetti che di una moltiplicazione di moltiplicazioni,, e cioè di un'addizione-d’addizioni-d’addizioni e dunque, evidentemente di un ulteriore accumulo: un accumulo-di-accumuli-di-accumuli... ma più-più-veloce! ... Anch’essa opera, dunque, - direbbe Dehaene - su "almeno due fattori". Evidentemente!.

Ma ecco: una Necessità (ANANKE) logica, eemantica e metafisica - una Verità Definitiva e Ineludibile, ai fondamenti più fondamentali della Matematica di Tutti i Tempi, e della loro storia sia collettiva che individuale - obbliga il matematico (techno- o autentico che sia) a confessare che questo modo di parlare e "manipolare" (... ma cosa POI?) è ”totalmente privo di senso”, come ho mostrato al mio jury di tesi il giorno della seduta, a partire da un testo didattico per studenti delle scuole medie, che riprendo qui:

(14)« Definizione. - Si chiama potenza di un numero relativo il prodotto di più fattori, tutti uguali a quel numero : an = a . a · a …· a (n volte). Sulla base di questa definizione di potenza, la scrittura "a1" sarebbe PRIVA DI SENSO . […] Supponiamo adesso l'identità a0, e consideriamo l'identità an:an= 1 (il quoziente di un numero diviso per se stesso è uguale all'unità); se nell'uguaglianza che esprime la proprietà citata noi poniamo m=n, otteniamo an:an= an-n=a0 che è una scrittura formalmente priva di senso. Poiché abbiamo constatato che an:an= 1, è spontaneo porre la convenzione a0=1» [Chiellini/Santoboni, Elementi di Algebra secondo la teoria degli insiemi, Torino:1981]

"Sulla base della nostra definizione di potenza nei termini di una sequenza di moltiplicazioni - dice l'autore - le espressioni "a0" e "a1" sono prive di senso – perché la moltiplicazione con uno o zero fattori non ha senso – : è quindi spontaneo affermare per convenzione che sono comunque validi ".

Il tecno-insegnante ci dice due cose: a) che una certa evidenza matematica che irradia la sua imperativa verità qui e ora davanti a noi è tuttavia "totalmente priva di senso" ; b) che in tal caso la nostra "reazione spontanea" è di "porre per convenzione che essa è comunque valida.

La prima affermazione (la mancanza di significato di un'operazione su uno o un solo elemento) deriva - ovviamente - da quell’ ottusa visione dell’operazione come un accumulare/manipolare "cose" materialmente già esistenti

La seconda affermazione invece, incarna l'orientamento generale di una politica educativa: non ci dice cosa in questo caso – quando un bambino si imbatte per la prima volta in una palese assurdità matematica – è effettivamente spontaneo ma cosa deve diventarlo date le finalità fondamentali dell'insegnamento della matematica nella nostra civiltà.

E in effetti, se consideriamo quanto segue (FIG.3 della mia tesi)

... possiamo rivivere in presa diretta il momento stesso in cui il nostro moto spontaneo non decide certo di "porre per convenzione" qualcosa di totalmente incomprensibile, ma al contrario di dire STOP a tutte le sue "manipolazioni" (=operazioni) per chiedersi quello che l'anima di Socrate si chiede nel famoso libro VII della Repubblica confrontata alle flagranti assurdità che solo la matematica è in capace di infliggerle con un simile grado di violenza: ti pote semainei?... cosa sta succedendo?

La vedete? benvenuta CONTEMPLAZIONE!...

... violentemente inibita, ahimé, dal divieto tecno-scientifico di - in un caso del genere - fermarsi là dove ci si trova, riprendere fiato, meravigliarsi ... a costo di sembrare stupidi... e di non "operare" - non accumulare sempre e ancora mattoni (perché non si possono accumulare 0 mattoni! ) come gli schiavi di Faraone...

In breve... la realtà ultima della nostra Era – l'Era Tecno-Scientifica del Nulla – è che Pinocchio è così orribilmente accidioso perché è la Tecno-scienza stessa, la cosa più mentalmente assente, pigra e accidiosa che il mondo abbia mai conosciuto . È la tecno-scienza stessa che gli insegna fin dalla tenera età che contemplare ciò che non può essere manipolato è come "non fare nulla"... non nel senso nobile e venerabile dell'OTIUM filosofico o skolé (da qui "scuola")... ma nel senso ridicolo e socialmente proibito di una fénéantise "totalmente priva di senso".

Pinocchio potrebbe certamente, in occasione dell'incontro con una specie enigmatica come a1=a "operare" con UN fattore - cioè contemplare "a" come UNA "potenza". Potrebbe anche, in occasione dell'incontro con una specie enigmatica come a0=1 "operare" con 0 fattori... vale a dire, contemplare ciò che Brahamagupta stesso (matematico/yogin indù del VII secolo, padre "creatore" dello 0 come numero) chiamava - con Patanjali e il Bhagavadgita "sunya", vale a dire VUOTO... sentendo e vedendo in esso una “vacuità come potenza” creatrice di forme.

Potrebbe farlo: nessuna difficoltà "cognitiva" lo ostacola... come mostro nel mio Sperare nella scuola per quanto riguarda il liceo, e SOPRATTUTTO in gli esempi di corsi sullo 0 alle elementari-medie, proprio qui in questo sito.

Perché non lo fa? Evidentemente... perché Pinocchio lui stesso detesta la "skolé"! Ma, in primo luogo, perché il Grande Pinocchio dell’epoca non è altro che la stessa "scienza" che dovrebbe insegnarglielo

La nostra "scienza" non ha nulla di una scienza. Soprattutto, non vuole esserlo. È solo una Tecno-scienza: una scienza del FARE nel senso più servile dell’espressione: dell'OPERAZIONE-OPERANTE che ammucchia mattoni mentre l'operatore - che non capisce nulla di quello che sta facendo - tace allo sbando perché questo è quello che gli viene sempre detto di fare. Fin dalla più tenera età "Minus times minus is plus... The reason for this we need not discuss" ... (esempio da Gelman & Gallistel, The Child's Understanding of number Harvard 1978, P.180)... fino alla Maggior età del post-doc in Meccanica Quantistica: "Shut-up and compute".

Nella sua accidia sempre più ostinata e testarda, la nostra neuro-tecno-scienza non ha quindi sviluppato un quadro concettuale rigoroso per pensare a cosa significhi esattamente l'"assenza mentale" di Pinocchio/Pollicino, quando il suo cervello è freneticamente "operativo"; e neanche una "mente presente" alle proprie operazioni, che non si riduca ad alcuna di esse, e cioè una mente che si contempla al lavoro.

Questo è dunque l'oggetto eminente delle mie ricerce.

Nell’ Introduzione al mio "La Genesi della Matematica...", p.17 spiego che la mia comprensione del fenomeno dell'Emicrania (specialmente dell'"emicrania del fine settimana", che colpisce proprio nel momento del Sabato) assomiglia alla storia del Golem di Praga: un gigante di argilla (la nostra "materia grigia") che, di sabato, non sa cosa fare del Nome di Dio (Y-H-W-H) che il suo rabbino-creatore gli fa tenere in bocca per tutta la settimana lavorativa, in modo che lavori al suo posto. Un sabato, il rabbino dimentica di togliergli il Tetragramma dalla bocca... e scoppia il finimondo! Il gigante di argilla NON SA come "manipolare" la sua materia grigia quando nessun mattone da accumulare occupa le sue mani! Risultato: il suo SNC collassa su se stesso pulsando piuttosto rientrare contemplativamente IN SÉ.

È veramente giunto il momento che il Pinocchio/Golem/Pollicino che tutti noi siamo, intossicato e inghiottito dai magnifici e progressivi feticci della Tecno-scienza - Voce del Nulla - capisca che una pausa di riposo per riprendere fiato e OSARE PENSARE con la propria testa prima di manipolare una qualunque cosa con le mani, è l'unica via d'uscita dalla palude d’Accidia - la Morta Gora - in cui il nostro tempo ha da tempo fatto naufragio.







[1] Ad esempio: sulle “vacanze” dei nostri giovani in tal modo "rubati a se stessi":

"QUELLI CHE SI CONSUMANO QUOTIDIANAMENTE. – Questi giovani non mancano né di carattere, né di disposizioni, né di zelo: ma non hanno mai avuto il tempo di darsi una direzione da soli, venendo al contrario abituati, fin dalla più tenera età, a essere guidati. In passato, quando erano maturi per essere "mandati nel deserto", venivano trattati in modo diverso – venivano usati, derubati di se stessi, venivano allevati per essere consumati quotidianamente – e ora non possono farne a meno, non vogliono che sia altrimenti. Ma, per questi poveri animali da tiro, non dobbiamo rifiutare le loro "vacanze" – come chiamiamo questo ideale forzato di un secolo oberato di lavoro: una vacanza in cui una volta possiamo oziare nella gioia del cuore, essere stupidi e infantili. Nietzsche, AURORE § 178

Così come sulla pigrizia spirituale nascosta dietro l'aria frettolosa dell'uomo d'affari:

UOMINI D’AFFARI— I tuoi affari – questo il tuo più grosso pregiudizio, ti legano a dove sei, alla tua società, ai tuoi gusti. Dedito agli affari, ma accidioso di spirito, soddisfatto della tua inadeguatezza, il grembiule del dovere abbrancato a questa soddisfazione: è così che vivi, è così che vuoi che siano i tuoi figli!" Nietzsche, AURORA §186

E ancora, sull’orribile noia di una gioventù che si destina al Bagno di Sangue, al solo fine di avere l'impressione di esser viva:

"IL DESIDERIO DELLA SOFFERENZA - Quando penso al desiderio di fare qualcosa, che costantemente solletica e stimola migliaia di giovani europei, i quali tutti non sopportano la noia né loro stessi, – mi rendo conto che ci deve essere in loro il desiderio di soffrire in qualche modo, per trarre dalla loro sofferenza una ragione convincente per agire. La miseria è necessaria! Da qui le grida dei politici, da qui le tante "calamità pubbliche" di ogni genere immaginabile, le false calamità, inventate, esagerate, e il cieco desiderio di credere in esse. Questo giovane mondo esige che dall'esterno venga, o diventi visibile, non la felicità – ma l'infelicità ; e la loro immaginazione è già impegnata in anticipo per creare un mostro, per poi poter combattere contro questo mostro. Se questi esseri affamati di miseria sentissero in se stessi la forza di fare il bene, in se stessi, per se stessi, accetterebbero anche di creare in se stessi una miseria propria e personale. Le loro sensazioni potrebbero allora essere più sottili, e le loro soddisfazioni risuonerebbero come buona musica; mentre ora riempiono il mondo con il loro grido di angoscia e, quindi, troppo spesso, in primo luogo, con il loro senso di angoscia! Non sanno fare nulla per se stessi – ecco perché mettono in vetrina la miseria degli altri: hanno sempre bisogno degli altri! E sempre di nuovo gli altri! " Nietsche, LA GAIA SCIENZA §56

       



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